Settembre / Ottobre 2017
La vera sfida della vita: vincere la quotidianità mediocre
“La quotidianità è un tempo che appartiene a Dio!“ Queste parole mi sono risuonate per tutto il tempo di un’omelia che ho ascoltato durante una celebrazione. Ma, se il tempo che appartiene a Dio è un tempo sacro, non va profanato da una quotidianità a volte insulsa, vuota, ripetitiva, triste, protesa solo a soddisfare i bisogni biologici. Indubbiamente in ciascuno di noi convivono due atteggiamenti che caratterizzano la nostra vita quotidiana: quello che infonde vitalità e quello che indebolisce. A chi non è capitato di affrontare la giornata con un senso di pigrizia esistenziale o di sentirsi carichi di tanta energia da poter “sollevare il mondo”? È importante che io mi renda conto di come riesco a gestire la situazione: lasciarmi sopraffare da ciò che manca alla ricchezza della mia esistenza, o spingermi verso la realizzazione delle mie potenzialità, utilizzando tutte le risorse interiori, sia quelle fisiche che quelle psichiche? L’abitudine, purtroppo, fossilizza la nostra quotidianità attraverso una molteplicità di obblighi che finiscono per rendere “normale” anche la mia incapacità di essere reattiva. Vivere la vita è un po’ come affrontare una serie di sfide che si mette sul nostro cammino, con la possibilità di superarle oppure no. La chiave dei buoni risultati è l’atteggiamento. Non arrendersi mai, liberando se stessi da un atteggiamento negativo e pessimistico, sostituendo il “non ce la faccio” con il “ posso farcela”. Tante sfide appaiono inaffrontabili, ma molto spesso non lo sono veramente; il più delle volte manca la determinazione per superarle. L’impossibile molte volte è tale perché non si vuole renderlo possibile. La vera sfida dipende da come decidiamo di vivere le situazioni, talvolta drammatiche, che la quotidianità ci presenta. Il primo passo consiste nel tenere sotto controllo il nostro vittimismo, che spesso si esprime con l’abitudine a lamentarci, a dir male degli altri, a dare la responsabilità agli altri di ciò che non va. Forse dovremo imparare a riconciliarci con le nostre fragilità, è difficile fare i conti con le proprie zone d’ombra e riconoscere che gran parte del nostro star male dipende da noi e non dagli altri. Ma più sapremo riconciliarci con i nostri limiti, più impareremo a non prendercela con il mondo intero. Le nostre debolezze potranno diventare punti di forza; impareremo così a valorizzare ciò che siamo, a vivere ogni attimo della nostra vita in pienezza per qualcosa di grande capace di dare un senso profondo a tutto ciò che facciamo. Anche se siamo schiacciati dalle nostre paure, fallimenti, errori, scelte sbagliate, siamo una “meraviglia stupenda” e ce lo ricorda il Sal 139,14°: “Ti rendo grazie, Signore, hai fatto di me una meraviglia stupenda”. Anche Don Bosco ripeteva ai suoi giovani, ma possiamo farlo diventare anche per noi una bella sfida, che diventare santi è vivere bene l’ordinario (la quotidianità) facendolo diventare straordinario. Il nuovo anno sociale sta per iniziare, impegniamoci a porre sfide alla nostra quotidianità molto fragile attraverso piccoli gesti: esprimere il nostro grazie attraverso tanti “nuovi” atteggiamenti quotidiani, perseguire il bello anche nelle cose che ci circondano, vedere sempre il “bicchiere mezzo pieno”, sottolineare ciò che ci unisce, piuttosto che ciò che ci divide nella vita o semplicemente svolgere serenamente i propri compiti quotidiani. È l’augurio che faccio a me stessa e a voi tutte carissime exallieve.
Concetta Apolito Zecchino
concettaapolito@libero.it