Maggio / Giugno 2018
La forza dell'Amore
Amori che vanno, amori che tornano, queste le parole che ripetutamente si rincorrono in un programma televisivo pomeridiano, dedicato alle donne, dove chi è invitata racconta di sé, quasi sempre di amori falliti e, con una specie di frenesia, parla di amore libero, senza impegno, come oggetto preconfezionato e pronto per l’uso. Una giovane donna parlava addirittura di “poliamore”, che, con disinvoltura spoetizzante, definiva amore “onesto”, perché, nello stesso periodo si amano, nella piena consapevolezza e chiarezza di tutti, più partner.
Mi sembra che ci sia proprio un “difetto” di comunicazione in queste trasmissioni televisive quando si parla dell’amore: squallidi messaggi, buttati lì solo per fare audience, stravolgono l’essenza dell’amore; non si parla più di amore duraturo, della pazienza della tessitura giornaliera, ma di emozioni che passano, di voglie effimere che rendono l’altro un oggetto presto consumato. L’amore non è un oggetto preconfezionato e pronto per l’uso; è affidato alle nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere ri-generato, ri-creato, e resuscitato ogni giorno. Nella mia esperienza, non lontana, di educatrice di un centro giovanile salesiano, mi rendevo conto che la maggior parte dei giovani, nei rapporti affettivi, viveva l’altro come bene di consumo, come “usa e getta”, ma fra mille motivi c’era sicuramente anche l’incapacità di amare non solo l’altro, ma soprattutto se stessi.
Non dobbiamo sorprenderci se tante volte ci dicono devi imparare ad amarti per amare. ”Nemo dat quod non habet”, nessuno può dare quello che non ha. Difficile instaurare una relazione, un rapporto con l’altro basato sulla fiducia, sul rispetto, sull’attenzione se non li abbiamo sperimentati prima su noi stessi. Come impariamo a camminare, a correre e a parlare, così abbiamo bisogno di imparare ad amarci e a volerci bene, Amare se stessi è il primo passo per amare gli altri. Lo scrittore Oscar Wilde affermava che “amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta una vita”. Amare se stessi non è concedersi tutto senza regole, confondendo la cura di se stessi con l’egoismo, l’egocentrismo; amarsi, invece, significa imparare a riconoscere il proprio valore, che non dipende da ciò che abbiamo (bellezza, soldi, salute..), ma dal modo con cui affrontiamo la vita. Molti fallimenti scaturiscono proprio dal fatto che non siamo stati educati ad amare noi stessi, a conoscere e riconoscere i propri limiti e i propri confini, oltre i quali inizia il rapporto con l’altro. Amare gli altri non è un ostacolo ad amare noi stessi. Agire con amore verso noi stessi significa dedicarsi del tempo, prendere del tempo per ascoltare i nostri pensieri, trovare uno spazio dove nessuno possa disturbare, passeggiare da soli, ascoltare la pioggia, guardare il fuoco del camino, osservare l’alba, ascoltare la voce del silenzio, la voce di Dio e poi agire con amore.
In questa solitudine benefica, noi impariamo ad amare i fiori, l’erba, l’acqua, il cielo. Sì, perché nel muoversi delle foglie a primavera, nell’aria azzurra, accarezzeremo la bellezza di un’armonia e di un equilibrio interiore, scopriremo una segreta corrispondenza con il nostro cuore, che aiuta ad aprirci, inondando di amore la vita dell’altro.
Mi piace concludere, allora, pensando a Maria, icona dell’amore, riportando alcune frasi di don Tonino Bello: “Santa Maria, donna innamorata, se è vero, come canta la liturgia, che tu sei la ‘Madre del bell’amore’, accoglici alla tua scuola, insegnaci ad amare. È un’arte difficile che si impara lentamente. Perché si tratta di liberare la brace, senza spegnerla, da tante stratificazioni di cenere... Aiutaci, perché, in quegli attimi veloci di innamoramento con l’universo, possiamo intuire che la fonte ispiratrice della melodia che al mattino risuona in una cattedrale è la stessa del ritornello che si sente giungere la sera da una rotonda sul mare: Parlami d’amore Mariù”.
Concetta Apolito