Maggio / Giugno 2014
“Voglio la mia mamma!”
I versi di un'antica filastrocca sono rimasti ben fissi nella mia memoria: “Una mamma è come un albero grande, che tutti i suoi frutti ti dà: per quanti gliene domandi, sempre uno ne troverà…”
Nei successivi versi, che non riporto, ma che vi invito a rispolverare, si leggono altre similitudini che esprimono la grandezza del “dono inesauribile” di una madre.
Non intendo fare romanticismo, riportandovi alle “antiche icone” con le quali veniva esaltata la figura della mamma, ma è pur vero che, in questo momento, le varie ideologie, i vari movimenti che spingono su scelte che sembrerebbero a favore della vita, a favore della tutela dei diritti della persona, stanno denaturalizzando l'identità della famiglia, e, ahimè, anche quella legata alla figura del papà e della mamma, innescando una sorta di squilibri che procurano conseguenze molto dannose “sull'ecosistema” della natura e dell'uomo.
Un'autodistruzione, una babele, dove ogni desiderio diventa diritto, perché ognuno si proietta sul bisogno individuale e non tiene in nessun conto il primato del bene comune, insieme con il rispetto dovuto ad ogni persona.
E così, precipitosamente, ci spostiamo dai Pacs all'ideologia del gender, dalla vendita degli ovociti all'inseminazione eterologa, all'utero in affitto, dall'aborto ad una sessualità incoraggiata nei bambini, che produce in loro non solo una “ maturazione forzata”, ma soprattutto effetti dannosi sulla formazione affettiva e psicologica.
Enormi sono le pressioni internazionali sui governi affinché cambino la tradizionale legislazione per spianare la strada al matrimonio omosessuale, alla deregolamentazione della fecondazione artificiale, alla prassi dell'utero in affitto e al riconoscimento della “identità di genere”, creando, sicuramente, delle pesanti ricadute sulla famiglia e sulla società.
Ho sentito un'intervista fatta ad una donna ucraina, madre di due bambini, che si era prestata a dare il suo utero per una coppia italiana (La legislazione del suo paese già permette questa pratica). La cosa scioccante è stata la naturalezza delle sue risposte a chi le chiedeva che tipo di sensazione provasse nel portare nel grembo, in questo caso, due gemelli e nel darli, poi, immediatamente agli altri.
-Né più, né meno come un prodotto da vendere, ed io un'incubatrice-
Il corpo, quindi, uno strumento ed il bimbo una merce di cui si può fissare il prezzo.
ALLUCINANTE!
Mi piace concludere con uno stralcio preso dalla Lettera del Papa Giovanni Paolo II alle donne:
“Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell'essere umano nella gioia e nel travaglio di un'esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.”