Novembre / Dicembre 2018
L’ATTESA
“Il Natale arriva quando meno te lo aspetti” diceva don Camillo al sindaco Peppone mettendogli in mano un pennello per ‘rinfrescare’ le statue del Presepe tirate fuori dalla cantina … Sì il Natale bisogna prepararlo in anticipo. Lo sanno bene i responsabili del marketing che riempiono le nostre caselle di posta elettronica con l’invito a pensare ai regali, per lui, per lei, per bambini e amici, approfittando di offerte speciali. Lo sappiamo anche noi di UNIONE che, nel nostro piccolo, abbiamo mandato in stampa fin dal mese di ottobre questo numero della rivista, che avete tra le mani.
Da allora abbiamo cominciato a pensare al Natale. Che bella l’attesa! Organizzare i preparativi, assaporare in anticipo le emozioni che vorremmo rivivere tutti gli anni, incominciare a pregare quel Bambino che verrà.
Scrive Enzo Bianchi, pretore di Bose: “Dobbiamo riconoscere che il cristiano è ‘colui che attende il Signore’ (John Henry Newman). Già nel IV secolo Basilio di Cesarea diceva che proprio del cristiano è ‘vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto, sapendo che,nell’ora che non pensiamo, il Signore viene’. Attendere non è un atteggiamento passivo né un’evasione ma un movimento attivo.
L’etimologia latina della parola attendere indica una ‘tensione verso’.Certo, nel nostro tempo, contrassegnato da efficienza, produttività e attivismo, attendere sembra impopolare e irresponsabile. Ma per la visione cristiana del tempo il futuro non è uno scorrere uniforme del tempo all’infinito: si distingue per ciò che Cristo vi compirà.
Rinunciando alla dimensione dell’attesa, non solo ridurremmo la portata della fede ma priveremmo anche il mondo della testimonianza della speranza a cui ha diritto.
Attendere il Signore impone al cristiano di saper pazientare. L’attesa è l’arte di vivere l’incompiuto e la frammentazione, senza disperare. È la capacità non solo di reggere il tempo, di perseverare, ma anche di sostenere gli altri, di ‘sopportare’, cioè di assumerli con i loro limiti e di portarli.
L’attesa apre gli uomini e le donne all’incontro e alla relazione, chiama alla gratuità e alla possibilità di ricominciare sempre. L’attesa non è segno di debolezza, ma di forza, stabilità, convinzione. È responsabilità.Animata dall’amore, l’attesa diviene desiderio, desiderio colmo di amore, di incontrare il Signore. Ti invita alla condivisione e alla comunione, ti spinge a dilatare il cuore.Il tempo di avvento non è tempo di preparazione ma, molto di più, di attesa con e per gli altri”.
E questo è l’augurio che voglio fare a ciascuno, a ciascuna di voi. Che il tempo dell’attesa non ci stanchi, non scoraggi i nostri cuori, non ci induca a pensare “Natale è solo un giorno. La festa passa in fretta e poi si torna alla quotidianità grigia e spesso difficile”.
Che cosa abbiamo di meglio da faredell’essere felici oggi, pensando al Natale che verrà? Cosa fare di diverso dallo scrutare i volti che ci circondano per ammiccare alla speranza? Cosa di meglio dell’attendere un Dio tanto innamorato dell’uomo, da farsi come lui?
L’attesa ci tenga desti e pronti.
Da allora abbiamo cominciato a pensare al Natale. Che bella l’attesa! Organizzare i preparativi, assaporare in anticipo le emozioni che vorremmo rivivere tutti gli anni, incominciare a pregare quel Bambino che verrà.
Scrive Enzo Bianchi, pretore di Bose: “Dobbiamo riconoscere che il cristiano è ‘colui che attende il Signore’ (John Henry Newman). Già nel IV secolo Basilio di Cesarea diceva che proprio del cristiano è ‘vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto, sapendo che,nell’ora che non pensiamo, il Signore viene’. Attendere non è un atteggiamento passivo né un’evasione ma un movimento attivo.
L’etimologia latina della parola attendere indica una ‘tensione verso’.Certo, nel nostro tempo, contrassegnato da efficienza, produttività e attivismo, attendere sembra impopolare e irresponsabile. Ma per la visione cristiana del tempo il futuro non è uno scorrere uniforme del tempo all’infinito: si distingue per ciò che Cristo vi compirà.
Rinunciando alla dimensione dell’attesa, non solo ridurremmo la portata della fede ma priveremmo anche il mondo della testimonianza della speranza a cui ha diritto.
Attendere il Signore impone al cristiano di saper pazientare. L’attesa è l’arte di vivere l’incompiuto e la frammentazione, senza disperare. È la capacità non solo di reggere il tempo, di perseverare, ma anche di sostenere gli altri, di ‘sopportare’, cioè di assumerli con i loro limiti e di portarli.
L’attesa apre gli uomini e le donne all’incontro e alla relazione, chiama alla gratuità e alla possibilità di ricominciare sempre. L’attesa non è segno di debolezza, ma di forza, stabilità, convinzione. È responsabilità.Animata dall’amore, l’attesa diviene desiderio, desiderio colmo di amore, di incontrare il Signore. Ti invita alla condivisione e alla comunione, ti spinge a dilatare il cuore.Il tempo di avvento non è tempo di preparazione ma, molto di più, di attesa con e per gli altri”.
E questo è l’augurio che voglio fare a ciascuno, a ciascuna di voi. Che il tempo dell’attesa non ci stanchi, non scoraggi i nostri cuori, non ci induca a pensare “Natale è solo un giorno. La festa passa in fretta e poi si torna alla quotidianità grigia e spesso difficile”.
Che cosa abbiamo di meglio da faredell’essere felici oggi, pensando al Natale che verrà? Cosa fare di diverso dallo scrutare i volti che ci circondano per ammiccare alla speranza? Cosa di meglio dell’attendere un Dio tanto innamorato dell’uomo, da farsi come lui?
L’attesa ci tenga desti e pronti.
Concetta Apolito