Periodico "Unione"

Maggio / Giugno 2019


Maestra! Spero di... “vita”                       


Le sorprese sono sempre gradite, specialmente quando ci sono momenti della vita che non vanno tanto per il verso giusto. Effettivamente non avrei mai immaginato di incontrare un mio alunno, di una scuola ubicata in un contesto sociale ad alto rischio di devianza e delinquenza, che ho stentato a riconoscere dopo tanti anni: è diventato un uomo! 
Mi sono sentita chiamare: -maestra!- mentre facevo la spesa in un supermercato, a due passi da casa mia. È stata una piacevolissima sorpresa! Ha iniziato a riportarmi indietro nel tempo, raccontandomi tanti episodi piacevoli, vissuti insieme, di cui io avevo perso memoria.
Mi ha riempito il cuore di tenerezza quando ha cominciato a parlarmi della sua realizzazione nel campo professionale, del suo impegno nell’ambito del volontariato, della sua tenacia di fronte alle difficoltà legate proprio all’ambiente di provenienza. Mi raccontava che si era sentito amato, da me, profondamente e che lo aveva segnato, in una maniera molto forte, uno dei tanti racconti che avevo letto in classe, dal titolo “Il Gabbiano Jonathan di Richard Bach”.

Come in un flashback si sono srotolati i miei ricordi e l’attenzione che, quasi per incanto, riuscivo ad ottenere quando raccontavo con passione, tanto da far penetrare gli alunni stessi negli eventi della trama di quel racconto, creando un effetto “magnete”, per me molto importante ai fini educativi.

Come tutti sappiamo, Jonathan è un giovane gabbiano con la voglia di spingersi oltre i limiti, senza preoccuparsi troppo dei giudizi degli altri e dei divieti delle leggi dello Stormo, affrontando, per questo, situazioni difficili, poi superandole. Può sembrare una storia semplice e banale, per bambini, ma nasconde il significato profondo della vita: la ricerca della libertà e della realizzazione di se stessi.

Domenico, l’alunno che ho incontrato, sicuramente ha dovuto operare scelte difficili e sofferte, ha dovuto liberarsi della zavorra, che l’ambiente gli aveva appiccicato e con caparbia volontà, è riuscito a volare in alto.
Molti di voi, come me, avete vissuto esperienze di riscatto morale e sociale dei propri alunni, perché abbiamo scelto “salesianamente” di non esercitare il ruolo strumentale dell’insegnante che trasmette solo nozioni. Abbiamo scelto di “educare”, trasmettendo con i comportamenti quotidiani, i discorsi, i gesti, le parole, la sensibilità, l’ascolto, quei valori universali che permettono all’alunno di inseguire a tutti i costi i propri ideali, di non accontentarsi e di trovare dentro se stesso la forza spirituale per riuscire ad emergere dalla massificazione della realtà.

L’educazione, allora, è illusione o realtà? A conferma di quanto ho desiderato condividere con voi, riporto alcune affermazioni di Papa Francesco nell’Esortazione apostolica “Christus vivit”: La scuola ha bisogno di autocritica… una delle gioie più grandi di un educatore consiste nel vedere un allievo che si costruisce come una persona forte, integrale, protagonista e capace di dare” (221).

 

                                                                                                                                Concetta Apolito
 


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